Perchè associarsi
"D'accordo, ho deciso di donare il sangue, e penso che in futuro lo farò ancora, con una certa regolarità; ma perché dovrei iscrivermi ad un'associazione? Preferisco essere libero, e decidere di volta in volta quando e dove donare".
Questo è il ragionamento che molti fanno, quando "si imbattono" nella donazione del sangue, sia che l'invito provenga da un amico o da un parente già donatore, sia che provenga da medici trasfusionisti o da esponenti del volontariato. Già, perché mai iscriversi ad un'associazione?
L'associazionismo non ha, purtroppo, una tradizione particolarmente radicata nel nostro Meridione, dove invece permane e temo vada sviluppandosi un accentuato individualismo.
Ne consegue che, in generale, si concepisce l'associazione come luogo e strumento per occupare gradevolmente il tempo libero, o per coltivare rapporti di amicizia e di collaborazione all'interno di categorie sociali o professionali; poco si bada, invece, a forme di aggregazione fondate su motivazioni etico-sociali forti e finalizzate alla soluzione di problemi sociali particolarmente sentiti. Per non dire che spesso si diffida di organizzazioni che potrebbero nascondere dei veri e propri centri di potere o di clientelismo.
E invece, se si comprende che:
- donare il sangue è indispensabile, perché solo dall'uomo può venite il sangue per le trasfusioni;
- che donare il sangue una volta sola è segno di buona volontà, ma serve a poco;
- che soltanto il donatore periodico - continuamente sottoposto a controlli sanitari e ben conosciuto dal medico trasfusionista - garantisce sangue sufficientemente sicuro;
- che la donazione anonima e gratuita, eliminando qualsiasi forma di remunerazione o gratificazione, è ulteriore garanzia di affidabilità del donatore, e quindi di sicurezza del sangue donato;
bene, se si comprende tutto questo, non si può non condividere quello che la letteratura scientifica internazionale ha da tempo segnalato, e cioè che la trasfusione più affidabile è quella che utilizza il sangue di donatori anonimi, periodici, non remunerati.
Questo concetto equivale a quello di donatori associati?
In senso stretto, no: chiunque può decidere di donare in maniera anonima, periodica e gratuita, pur senza iscriversi ad un'associazione, ma... L'esperienza ci insegna che, passati i primi entusiasmi, si tende a trascurare o a rinviare tutto quello che non è urgente o indispensabile, compresa la solidarietà con chi soffre.
Dopo la funzione essenziale di sensibilizzare i cittadini ‘convertendoli' alla donazione attraverso programmi di educazione alla salute ed alla solidarietà, il secondo compito dell'associazione, dunque, è quello di conservare memoria dell'impegno assunto dal Socio di tornare a donare, e poi di essere autorizzata a ricordargli periodicamente la promessa fatta.
E non finisce qui: in campo trasfusionale, l'evoluzione è continua ed incalzante: nel giro di pochi anni, ad esempio, siamo passati dalla donazione di sangue intero a quella di singoli emocomponenti (le cosiddette aferesi), ed ultimamente di più emocomponenti (la donazione multicomponente).
Tutto questo giova moltissimo al paziente che riceve ciò che è più utile alle sue necessità trasfusionali, e contribuisce a rendere più efficace la Medicina trasfusionale, ma richiede un processo continuo di formazione ed aggiornamento del donatore, processo che l'associazione realizza organizzando conferenze ed incontri-dibattito, stampando e diffondendo materiale divulgativo, spesso pubblicando un giornale e comunque chiedendo ospitalità a tutti i mass media, insomma cogliendo ogni occasione (persino quelle sportive o ricreative) per mantenere aperto e vivo il dialogo con il Socio.
È per questa somma di ragioni che il Piano Nazionale Sangue e Plasma varato dal Ministero della Sanità il 1° marzo del 2000 parla esplicitamente di ruolo centrale delle associazioni per il raggiungimento degli obiettivi assistenziali previsti (l'autosufficienza e la sicurezza del sangue donato) e di partecipazione delle organizzazioni di volontariato alla gestione delle attività inerenti il sistema donazione/trasfusione.
Partecipazione che, in questo momento, si realizza soprattutto attraverso la presenza del rappresentante delle associazioni nei Comitati per il buon uso del sangue, organismi ospedalieri prevalentemente tecnici a cui spettano ampie competenze, che vanno dalla programmazione della raccolta del sangue alla sua utilizzazione ottimale.
Questo è molto importante, perché chi partecipa all'organizzazione ed alla programmazione vive con spirito di collaborazione e partecipazione anche i momenti successivi, e le associazioni passano così dall'essere puramente esecutrici di direttive non sempre chiare o condivisibili dei Servizi trasfusionali, all'essere collaboratrici convinte e propositive, pur nel rispetto dei ruoli e delle competenze reciproci.
Come si può facilmente osservare, il volontariato del sangue è gravato da fin troppi compiti e responsabilità, perché ci si possa ancora interrogare sull'opportunità di associarsi, una volta accettata la logica della donazione del sangue quale esercizio del diritto-dovere di cittadinanza.
Però c'è ancora un elemento che gioca a favore dell'associazionismo, e su questo vorrei spendere un'ultima riflessione.
Siamo tutti pronti a sottolineare alcuni difetti facilmente riscontrabili nella nostra società: la citatissima caduta dei valori, ad esempio, o la disaffezione verso la politica, o l'individualismo esasperato. Bene, non pensate che l'associazionismo - quello serio, s'intende, ricco di contenuti etici e di responsabilità, fortemente esposto al controllo sociale della collettività, motivato e competente - possa costituire una sorta di laboratorio di formazione per la vita di relazione oltre che per quella lavorativa? ed una vera e propria palestra di democrazia?
Non che la realtà sia sempre così rosea, naturalmente. Ancora oggi molti temo che si aspettino da associazioni forti e potenti (come appaiono quelle dei donatori di sangue) vantaggi, privilegi, gratificazioni e quant'altro possa giovare a carriere politiche traballanti, ad autostime insufficienti, a carenze affettive o culturali affioranti.
Questi casi esistono, e sono forse più frequenti del lecito.
Ma esiste anche il vero associazionismo, quello che forma le coscienze, che insegna a credere nei valori ma anche a lottare per realizzarli, che si sforza di dare un senso non solo al tempo libero (che sarebbe poca cosa) ma all'intera vita, che spiega la differenza fra politica e partiti, che pone a base dei rapporti il rispetto reciproco, che riconosce nella cultura della solidarietà uno strumento educativo prezioso ed un obiettivo primario, che trae entusiasmo e incentivo esclusivamente dai successi che ottiene a beneficio dell'intera collettività. E' questo il volontariato di cui abbiamo tutti bisogno, che dobbiamo ricercare, riconoscere, incentivare, sostenere, affiancare, condividere: per avere sangue sicuro negli ospedali, certo, ma anche, e forse soprattutto, per dare a noi stessi un'occasione per crescere e per sperimentarci.
Prof. Rosita Orlandi
Presidente FPDS-FIDAS